LA LENTEZZA DEL PATAFISICO
di Raffaele Rizzo
Finalmente
Fu una gran festa, quella sera - negli anni ’70 - quando, contro la moda dei Fast food, fu aperto a Napoli, in un vicoletto della riviera di Chiaia, un ristorante Slow food.
Finalmente posso mangiare anch’io lentamente.
Prepararmi una pietanza succu/lenta, fatta di uccelletti senza ali con po/lenta, e imparare a cucinare con ta/lento.
Finalmente posso andare … sano e lontano.
Finalmente posso essere colpito, vivaddio, dalla eiaculatio retardata, e ogni volta rimanere nella posizione - voi mi capite - aspettando il completamento del rapporto, a volte restando anche un’ora in attesa.
Finalmente leggere “La lentezza” di Milan Kundera, tentando anch’io, attraverso il ritmo lento, il recupero della memoria.
E rincorrere tartarughe, lumache, e lepri azzoppate, non riuscendo a raggiungerle.
Festeggiare finalmente con sentita partecipazione, il protettore della lentezza: San Va/ lentino.
Non aver più bisogno, per ritardare la caduta dei capelli, di applicarvi tanti piccoli paracadutini. Confrontare la velocità del pensiero e la lentezza del corpo, provando ma senza riuscirci, ad invertire i termini.
Sognare di arrivare a un incrocio, e al posto dello STOP, trovare, tutto per me, il cartello CORRI, quasi a sottolineare che stavo esagerando nella lentezza.
Essere finalmente colpito, non più dal colpo della strega, che immobilizza, ma da quello dell’angelo e al risveglio, trovarmi nel letto con le ali ai piedi e scegliere, liberamente, la lentezza.
Aspettarmi da Trenitalia che l’Alta Velocità sia sostituita dalla Bassa Lentezza.
Andare a rileggere il Corriere dei piccoli con le storie di quel simpatico personaggio così tratteggiato: ”L’ora suona lenta lenta e Dormicchia s’addormenta”.
E ancora, finalmente esagerare nella lentezza ed essere premiato dagli Autolentus che intanto hanno soppiantato gli Autovelox.
Ricordarmi di quella volta che per la frattura di un piede mi muovevo ad una velocità tale da stabilire un nuovo rapporto con lo spazio, notando cose che prima mi erano sfuggite, e scoprire un nuovo mondo, ma non per questo, dovermi augurare un’altra volta la frattura di un piede.
Riflettere che quando corro, è perché non voglio pensare a qualche mio problema, ma se procedo lentamente, è perché sto frugando nella memoria e voglio ricordare qualcosa di piacevole.
Il nesso è evidente fra lentezza e memoria, e velocità e oblio.
E andare, finalmente, a cercarmi le file più lunghe alle poste e ad altri edifici pubblici, e farmele, silenziosamente, senza motivo, ma arrivato allo sportello, tornarmene di nuovo indietro, all’ ultimo posto, pieno di lenta felicità, e riprendere la fila.
Ricordare il ciclista Pettenella che in un velodromo rimase, paradossalmente, in una gara di velocità, in surplace, un’ora e tre minuti, immobile sulla bicicletta.
E ancora, scoprire che l’unica, almeno in Italia, che conosce evidentemente i valori della lentezza, perché la applica quasi con metodo, è la Giustizia.
Tutto ciò, considerato e detto, al fine di annotare un nuovo Elogio della lentezza e poter dire, finalmente, come farebbe un anticelentano, che solo la lentezza è rock, e si sappia invece, senza dubbio alcuno, che è la velocità, che è lenta.
19. 02. 2007 - Giornata nazionale della lentezza